Storia di infertilità

Ho sempre pensato che avere un figlio fosse una cosa estremamente naturale, come respirare. Realizzare che non è così semplice è stato il primo capitolo della mia storia di infertilità. I primi mesi di tentativi credevo fosse colpa di qualche piccolo intoppo: forse lo stress, forse non era il momento giusto, ma più passava il tempo e più mi sentivo inquieta. Il tarlo che qualcosa non andasse ha cominciato a prendere sempre più piede, insieme alle lacrime che seguivano il ciclo o gli annunci di gravidanza. E proprio da un annuncio di gravidanza improvvisa da parte una collega che inizia il secondo capitolo della mia storia di infertilità. Era passano già un anno e del mio bambino non vi era alcuna traccia, in compenso vi era un vuoto enorme che prendeva sempre più piede, così ho deciso di rivolgermi ad un centro per la PMA. Non avevo idea del carico emotivo e fisico al quale si è soggetti durante un percorso di procreazione assistita. I medici hanno capito subito che la “colpevole” ero io. Non è stato facile ammettere a me stessa che avevo qualcosa che non andava, che era tutta colpa mia. L’ho vissuta esattamente come una colpa, mi ripetevo che forse era una punizione divina per chissà quale peccato. E allora, una volta espiate le mie colpe, una volta estinto il conto con Dio, pensavo che il mio bambino sarebbe arrivato. Invece non è arrivato. E così è iniziato il terzo capito della mia storia di infertilità: i fallimenti dei cicli di stimolazione. Evidentemente il progetto divino è più complicato di quello che credevo o forse Dio ha decido semplicemente di guardare altrove, di concedere questa gioia ad altri e abbandonare me in questo mare di farmaci, ormoni e tristezza. La tristezza è sempre stato il filo rosso della mia storia di infertilità: non riesco più a gioire della vita, delle cose belle e piccole che quotidianamente mi circondano. Mi sento vuota, spogliata del sorriso vero e pieno. Vivo aspettando quel sogno di maternità che mi viene negato, sogno mani paffute e piedini nudi, quel profumo di latte e amore, ad oggi infinitamente lontani. Faccio quello che è in mio potere: vivo di visite, esami, scadenze e test di gravidanza sempre negativi. Il tempo passa e io con lui. Cerco il senso di questo complicato disegno divino, ma forse non c’è alcun senso e non c’è alcun divino. Il tempo va avanti, ma io resto ferma davanti a questa culla eternamente vuota.

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