una storia qualunque

“Ho fatto la vasectomia” è solo una battuta di un po’ di tempo fa.
Dopo anni, mi si accende l’interruttore e mi torna in mente quella frase così sciocca, non rammento il contesto in cui sia stata fatta questa battutaccia, però inizia a martellarmi il cervello quando so che anche questo mese il ciclo mestruale sta arrivando.
“Vasectomia” “vasectomia” mi tormenta.

-Amor mio, sono ormai sette anni che stiamo insieme, quando lo facciamo un bambino?-

Mi sento ancora una ventenne, ho un leone  che ruggisce dentro, posseggo ancora tutta l’irrequietezza dell’adolescenza.
Lo specchio mi riporta alla realtà: ho quarant’anni (ora quarantadue).

-Edy, cazzo! Lo facciamo sto figlio?- Inveisco contro di lui.

Lui glissa, lui non sbotta come me. Lui non affronta le cose di petto come me. Eppure, l’ho palesato spesso, ha la consapevolezza che dopo la fine del mio matrimonio, prima o poi, avrei desiderato una nuova convivenza e dei figli. Anche in ordine casuale. Invece vivo ancora da sola nel bilocale in affitto.
Litighiamo: io forte, lui piano, e gli sputo addosso quella spiritosaggine sulla vasectomia di qualche anno prima.
Quanto rancore riesco a covare! Come so accantonare bene le parole sbagliate per rivendicarle nei bisticci!
Rassegnato, davanti ai miei occhi accecati di ira e rossi di pianto, m’accontenta e decide di fare lo spermiogramma mentre io inizio con i primi esami di prassi. I risultati, per entrambi, sono più che decenti per la nostra età. Colloquio da sola con la ginecologa, lui non m’accompagna. Lui mi lascia sempre sola. La dottoressa consiglia degli integratori tanto per cominciare. Lui non li vuole prendere. Litighiamo ancora: io sempre forte e lui sempre piano. Avverto la sua lontananza, percepisco il peso dell’ennesima discussione e gli faccio sputare fuori la verità. Eccola la verità! Ecco qua la verità, servita su un piatto d’argento: lui ha sessant’anni suonati, lui ci ha ripensato, lui crede che col tempo io possa dimenticare di voler essere madre, lui un figlio non lo vuole, lui un figlio già ce l’ha, lui è vedovo, lui vuole tranquillità, lui non vuole assolutamente fare il padre. Un figlio è solo un peso.
Cerco di fargli cambiare idea con le buone, con le cattive, con disperazione frammista a rabbia e mi umilio sempre di più, elemosinando qualcosa che lui non mi vuole dare.

-Donami il tuo seme, e se il figlio arriverà, non dovrai né riconoscerlo ed ancor meno mantenerlo-

Rasento il ridicolo ed il grottesco. Ci lasciamo, ci riprendiamo, ci rimolliamo e ci ritroviamo. Io lo odio e poi lo ri-amo. Il figlio è solo una mia priorità, non la sua. Se non parlo del figlio, va tutto bene, se non tocchiamo il tasto dolente sono tutte rose e fiori. Oggi mi indispettiscono persino gli adesivi sulle auto, quelli con la famiglia stilizzata con i nomi ed  odio anche di più quei ciondoli le ‘bole messicane’.
Mi incupisco, fingo allegria quando dentro mi trema il cuore. È diventato tutto
mentalmente estenuante. Siamo in un continuo stand-by, in un limbo con scarse vie d’uscita.

Sono una ragazza ‘sola’ di quarantadue anni e cerco un figlio. A dirla tutta ne vorrei tre o quattro, ma per ora m’accontento di ambire a diventare una primipara attempata. Ho un compagno da otto anni, ma lui si chiama fuori dal mio percorso, dal mio progetto, dal mio desiderio di maternità. Non interferisce, non interagisce, non mi appoggia e non mi ostacola palesemente. Semplicemente, in silenzio, m’accompagna all’aeroporto.

Di impeto, inizio a cercare in rete le cliniche per la PMA eterologa: faccio da sola, ho deciso che m’arrangio, non posso aspettare oltre. Sono già troppo vecchia, lo dicono le statistiche. La belva che ho dentro riesplode.
Sono in ballo e voglio ballare fino alla fine.

A fine estate inizio l’iter degli esami, faccio il colloquio a gennaio ed a febbraio inizio con la stimolazione per una IUI con seme di donatore. La ginecologa, papale papale, mi propone una FIV e spendere subito i soldi in un colpo solo. Io non me la sento (una ICSI fallita l’ho già subita una quindicina d’anni fa con l’ex marito). Non voglio andare in iperstimolazione come la prima volta, non ho la forza o il coraggio di affrontare il grande bombardamento ormonale, l’anestesia totale (?), l’estrazione delle uova, l’impianto e la delusione. Preferisco un approccio più blando, se lo si può definire tale. E poi, non voglio sputtanarmi cinquemila euro per un unico giro alla roulette russa della PMA.

È giovedì pomeriggio.
-Signora, la chiamo dalla clinica, sabato mattina alle 11 deve essere qui per la IUI a vescica piena. Alle 21:30 faccia l’ovitrelle-
click.

Cerco spasmodicamente voli ed alberghi. È il periodo di carnevale; trovo quel che c’è a prezzi esosi. Tiro giù la serranda della bottega ed attacco il cartello: “Il negozio rimarrà chiuso venerdì e sabato. Ci vediamo lunedì”

È venerdì e cammino per Barcellona fino a sera, fino a perdere le gambe; non sento fame e sete, sono pervasa da uno stato di euforia.  Sarà merito del vento che mi mette sempre tanta allegria, sarà perché sono ad uno schiocco di dita dall’obbiettivo, sarà perché ho smesso di avere paura.
Sorrido a tutti, rido e piango di felicità, qui nessuno mi conosce, posso togliermi la maschera ed essere me stessa, forse mi scambiano per pazza ma poco mi interessa.

Sabato mattina arrivo alla clinica con due ore d’anticipo. Sono esagerata, lo so, ma voglio essere puntualissima per l’incontro che potrebbe cambiare la mia vita.
Faccio su e giù per il marciapiede, mi sposto solo di qualche isolato: ho paura di tardare. Entro in clinica e sbrigo le ultime pratiche. La ginecologa mi dice che ci sono due follicoli belli grossi.
La dottoressa Torres è molto affabile e si complimenta per la positività con cui sto affrontando questa operazione che richiede un quarto d’ora al massimo.
Lo sperma viene inserito col catetere in utero. Tutto bene, tutto liscio, esco e passeggio, ho ancora qualche ora prima del volo di rientro. Cammino per le strade piango e rido ancora di felicità, parlo da sola, parlo alle mie ovaie e parlo anche con gli spermatozoi (capiranno anche l’italiano o solo il catalano?). “Siete in dodici milioni e mezzo a nuotare nella mia vagina. Vi prego, che almeno uno di voi buchi l’uovo. Siate intelligenti. Siate furbi, fate ciò che deve essere fatto.”
Torno in Italia, con le statistiche che mi ronzano nella testa. Solo il 9% di riuscita. È poco, ma ci spero. In fin dei conti il mio problema è solo anagrafico. Non me li sento quarantadue anni, sono ancora una ragazza. Accantono il mio solito ‘pessimismo a scopo preventivo’. Parlo di nuovo col mio utero, parlo a due fantomatiche cellule fecondate: “Ma quanto fortunate siete? Non siete ancora germogliate e già viaggiate in aereo. Guardate il mare, lo vedete? Ecco i pirenei, la Francia, le Alpi. Ragazze siamo a Venezia e tra poco saremo tutti a casa. Vedrete che famiglia numerosa e chiassosa che ho. Conoscerete mia sorella, i miei quattro fratelli, i cani, la gatta, vedrete la piazza, le mie clienti, avrete almeno una cinquantina di nonne ed altrettante zie!”

Mi sento bene, sono felice ed emozionata, stavolta non so stare coi piedi per terra. Sarà l’adrenalina che ho accumulato quest’ultima settimana. Parlo talmente in fretta che la gente fatica comprendermi, sono logorroica; ho tante cose da dire ed il cervello corre più veloce del suono delle parole che escono dalla mia bocca.
L’ho raccontato a tante persone quello che sto facendo; vivo in un piccolo paese di montagna e la PMA sembra una cosa che si vede solo nei film.
Ho destato qualche stupore, poco disappunto e tanta solidarietà. Ho reputato corretto che i miei clienti comprendessero il percorso che sto attraversando ed il motivo per il quale, ogni tanto, arrivo in ritardo, chiudo in anticipo o non apro bottega.

La mia prima IUI non ha funzionato, è stato uno scherzo di carnevale malriuscito. Non ho dovuto aspettare il test di gravidanza: mi è venuto il ciclo mestruale. Una settimana dopo l’inseminazione già lo sapevo che non ero incinta. Ormai ho imparato a conoscere il mio corpo così bene che basta guardami allo specchio per capire che il ciclo arriverà entro una decina di giorni. Le mie borse sotto gli occhi sono inequivocabili e non mentono mai. Lo so che non sono gravida eppure mi illudo che i sintomi pre mestruali possano essere gli stessi di quelli gravidici perché l’ho letto sui forum e carpisco i concetti che m’aggradano di più. L’ho letto spasmodicamente ed ho finito per crederci, e sono finita nel tunnel di quelle continuano a controllarsi le mutandine ed a tastarsi costantemente le tette. Davanti alle analisi del sangue con esito negativo fatico somatizzare questa amara sconfitta. Con la mia famiglia e con la gente fingo che non mi importi, fingo che sia stato un tentativo fatto tanto per fare, invece quando sono sola, piango di rabbia, piango di invidia per chi ce l’ha fatta, piango e inveisco con il destino avverso.

Tra un paio di mesi mi sottoporrò la seconda IUI. Di sicuro so che non l’affronterò con ottimismo ma probabilmente la sentirò come un compito che deve essere svolto. Forse farò anche alla terza inseminazione e poi valuterò l’ovodonazione anche se sarò solo la donna che cova.
Io non mi posso fermare qui, in questo purgatorio. Ho stabilito che il fondo lo debbo toccare per poter risalire. Finché non avrò paura, finché avrò soldi, finché non sarò in menopausa.

Lucia

2 risposte

  1. Ti ho letta senza fermarmi mai. Cosa per me rara, scrivo più di quanto legga. Ti ho letta, anche, senza giudizio alcuno. Cosa anche questa per me rara, perché sono cresciuta imparando a denigrare il diverso. Ma la vita ci spazzola, polvere se ne va, altra polvere arriva. Cambiamo. Ma forse arriva anche altra luce. Io te lo auguro di cuore.

  2. Ti ringrazio per queste Tue parole importanti. Mi auguro anch’io, per me, per Te e per tutti di trovare la luce di cui scrivi. Qualunque essa sia.

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