La denatalità è un problema annoso in Italia. Così come il fatto che oggi si fanno figli in età sempre più avanzata per fattori involontari. Ma cattura attenzione anche un fenomeno che ultimamente è diventato più evidente, ossia il desiderio di posticipare la procreazione con delle precise garanzie. Nel concreto, significa il congelamento degli ovociti. Una pratica attraverso cui le donne possono conservare gli ovuli per fecondarli in futuro.
La crioconservazione dei gameti viene indicata in un’età tra i 25 e i 35 anni ed è intrapresa principalmente dalle donne che corrono seri rischi di compromissione della loro fertilità, come nel caso di patologie oncologiche o ginecologiche. In tal caso la conservazione degli ovuli è proposta dalla sanità pubblica in concomitanza con il percorso di cura. Qualora invece la scelta fosse da parte di una donna sana, la quale per ragioni personali e sociali ha difficoltà nel progettare una gravidanza, a farsi carico saranno unicamente strutture private, ad un costo complessivo che va dai 2mila ai 4mila euro. A cui vanno aggiunti ulteriori costi per la conservazione degli ovuli congelati all’interno della criobanca, che valgono una quota annuale tra i 250 e i 500 euro. Per accedere alla pratica bisognerà comunque superare una serie di test medici. Ad ogni modo, prelevare gli ovociti in età giovane aumenta la possibilità di fecondazione anche anni dopo e statisticamente l’ovulo giovane è più sano a livello genetico.
Nel nostro Paese sempre più donne stanno prendendo consapevolezza dell’opzione e negli ultimi tre anni il numero di richieste è stabile. Importante sottolineare che la crioconservazione è spesso contestuale alla fecondazione assistita per le coppie non fertili. In quel caso infatti i gameti in sovrannumero possono essere conservati in caso di insuccesso del trattamento. Non a caso, questa pratica ha bisogno in principio di una stimolazione ormonale per aumentare l’ovulazione, così come si fa nella fecondazione assistita.