“Essere madri non è un destino.” Sheila Heti riflette su cosa passi nella testa delle donne. E anche nella sua.
Beate quelle che già lo sanno. Come sarà bello avere dei figli. Come tutto andrà bene. Come sia davvero quella, la strada. E che magari lo sanno da sempre, e senza il minimo dubbio, senza che il cervello ci si metta di traverso. E mai si chiedono se quello che suggerisce il corpo e si augurerebbero i parenti, è il solo destino possibile per una donna. Beate loro, perché Sheila Heti, scrittrice canadese sensibile, ironica e molto amata, no, non sapeva. E, alla soglia dei quaranta, per dare un senso al buio della sua incertezza, ha deciso di scrivere Maternità, un romanzo, un diario, una novella filosofica, dove con molta onestà racconta gli scomodi equilibrismi cui l’hanno costretta i rintocchi dell’orologio biologico, del tutto in controtendenza con la sua idea di non volerne proprio sapere, di essere madre. Nel tentativo di guardare più a fondo in se stessa, ha poi tirato in aria tre monete, secondo l’arte divinatoria dell’I Ching, per porre domande che rappresentano tutte noi, e farle diventare parte integrante del libro e un leitmotiv della storia.