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Infertilità: cosa favorisce l’accesso alla Pma (e la natalità)

«La chance di avere un bambino è correlata all’età: è del 32 per cento sotto i 34 anni e cala al 9 per cento tra i 40 e 42» sottolinea Paola Anserini, presidente eletta della Società italiana di fertilità e sterilità

Il dramma delle culle vuote in Italia va affrontato anche sul fronte dell‘infertilità. L’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (Pma) per avere un figlio è però segnata da due criticità.

La prima riguarda la carenza di centri pubblici di Pma nel Centro-Sud. «La coppia costretta a emigrare al Nord difficilmente ottiene l’autorizzazione dalla propria azienda sanitaria.

Perciò deve pagarsi la terapia, perché la Conferenza delle Regioni non ha ancora approvato il decreto che definisce le tariffe per la fecondazione assistita e le Regioni con meno risorse rimborsano solo i propri centri», spiega Luca Mencaglia, coordinatore del tavolo tecnico per la prevenzione e cura dell’infertilità del ministero della Salute.

Età media delle donne più alta

Il secondo problema è l’età media sempre più alta delle donne che ricorrono alla Pma: da 35 anni nel 2005 a quasi 37 nel 2020. Le quarantenni sono passate dal 21 al 36 per cento. «La chance di avere un bambino è correlata all’età: è del 32 per cento sotto i 34 anni e cala al 9 per cento tra i 40 e 42» sottolinea Paola Anserini, presidente eletta della Società italiana di fertilità e sterilità.

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