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Inquinamento e infertilità giovanile, si cercano 150 ragazzi bresciani

Uno studio per comparare i risultati tra Brescia e la Terra dei Fuochi. Chi partecipa non deve abusare di sostanze alcoliche e non deve fumare sigarette.

Più che il sangue, la vera cartina da «tornasole» dell’inquinamento è il liquido spermatico. Analizzando alcuni biomarcatori si può capire la concentrazione di metalli pesanti nell’organismo, ma anche i danni che stanno provocando. Prima di tutto a livello di fertilità. È per questo motivo che anche a Brescia si stanno reclutando – con fatica – 150 ragazzi tra i 18 e i 22 anni, in modo da avere un campione significativo e incrociare i loro dati con quelli che si stanno raccogliendo nella valle del Sacco (Frosinone) e nella Terra dei Fuochi (Napoli/Caserta).
Pur con le dovute differenze, il minimo comune denominatore con Brescia è la presenza di inquinanti nel suolo, nell’acqua e nell’aria. Lo studio – coordinato a livello nazionale dall’uroandrologo Luigi Montano (Asl Salerno) e, a Brescia, dal professor di Epidemiologia Francesco Donato – mira a costruire «un modello di intervento per la prevenzione dell’infertilità in adolescenti sani» che risiedono «in aree a forte impatto ambientale».

Prima di tutto servono i dati, anche se diverse evidenze esistono già. In uno studio sulla popolazione giovanile della Campania, condotto due anni fa da Montano, sono emerse «differenze significative» tra i ragazzi dell’area della Terra dei Fuochi e i coetanei dell’Alta e media valle del fiume Sele (Salerno): se si prende il dato del cromo rilevato nel liquido seminale, si scopre che l’incidenza nei giovani della Terra dei Fuochi era «superiore del 95% rispetto a quanto trovato» nel materiale biologico dei ragazzi del salernitano. «Differenze significative – spiega Montano – sono state riscontrate anche per altri metalli o per le modifiche al Dna degli spermatozoi». E dato che il liquido spermatico è un’efficace «sentinella», grazie a questo studio si potranno approfondire ulteriormente gli effetti dell’inquinamento sulla salute. Come ha spiegato il professor Donato, «l’esposizione a metalli pesanti e idrocarburi policiclici aromatici determina una catena ossidativa che va a colpire cellule e Dna». Anche tabagismo, droghe, alcool e obesità sono fonti ossidative: ecco perché chi partecipa allo studio (in maniera anonima) non può certo essere stato un fumatore abituale («massimo cinque sigarette alla settimana») né esagerare con i drink (non più di quattro ogni sette giorni).

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