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L’ultimo tabù: l’infertilità maschile

Ai congressi medici se ne parla, perché è un fenomeno in aumento. Fuori, però, no. Ancora oggi gli uomini si vergognano: se non riescono ad avere figli, hanno problemi di autostima. Ma la scienza ha fatto grandi passi in avanti e può aiutarli moltissimo.

«Non è stato facile accettare di mettere la mia fertilità nelle mani di medici che mi dicono quando e come devo fare l’amore. Figuriamoci parlarne».

Uomini e procreazione medicalmente assistita (Pma): un universo silenzioso, laterale. Comprensibile, ma ingiusto. Perché il figlio che verrà – o che non verrà – sarà – o non sarà – della coppia. In Italia, Paese con la natalità tra le più basse del mondo, una persona su sei ha problemi ad avere figli: circa il 15 per cento delle coppie sono infertili, con dati in aumento.

Fertilità maschile in declino

La pandemia ha inferto un altro colpo, per il ritardo o il mancato ricorso ai percorsi di Pma, ai quali si deve oltre il tre per cento delle nascite, secondo i dati del Congresso Nazionale della Società Italiana di Riproduzione Umana (Siru) di Napoli. I fattori socio-economici sono rilevanti, ma non va trascurato il dato biologico: la fertilità maschile nel mondo è in declino da decenni. Per stili di vita, riscaldamento globale, inquinamento. Perciò nei congressi medici di maschi si parla, eccome.

Ma fuori è un’altra storia: se tutti ricordiamo le maternità over-anta di celeb con l’aiuto dichiarato o supposto della scienza, più difficile citare un uomo famoso divenuto padre grazie a una provetta. Figuriamoci tra i comuni mortali. L’infertilità maschile è un tabù nel tabù.

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