Lo spazio di oggi della rubrica #oltrelestorie è dedicato a Valentina Campanella autrice del libro Essere donna. Nascere madre, edito da Rapsodia Edizioni, un’opera dedicata all’amore di una “aspirante madre” verso quel figlio che la vita le nega.
Ciao Valentina, il tuo libro Essere donna. Nascere madre, racconta la tua storia. La scoperta della malattia e la ricerca di un figlio che non arriva. Cosa ti ha spinto a mettere su carta la tua esperienza?
A dire il vero il mio libro in origine era un diario. Il mio diario personale in quel particolare frangente della mia vita…. il cassetto dove ho cercato di custodire le emozioni vissute in quei momenti difficili, un po’ per evitare che il tempo potesse portarmele via, un po’ per scaricare l’anima da un fardello che diventava ogni giorno più pesante. Mentre scrivevo non avevo idea che quelle parole così intime e cariche di emotività sarebbero diventate un libro in carta stampata, né che avrei mai potuto pensare di pubblicarle. Ma un giorno in cui la tempesta era passata, mi sono ritrovata a guardarmi dentro e a scoprire una nuova me… sentivo che tutto quel dolore non era stato vano, non poteva esserlo stato! Mi aveva trasformata ed io, allora, dovevo trasformarlo a mia volta in qualcosa di buono, che potesse dare sollievo ad altre anime in difficoltà. La scelta di condividere questo pezzetto della mia anima è nata proprio dal desiderio di urlare a chi sta soffrendo “Combatti, Credici, Dai un valore al tuo Dolore!”
Essere donna. Nascere madre. Perché la scelta di questo titolo? Raccontacelo…
Il titolo è venuto fuori in una sera d’estate mentre riflettevo sui molteplici ruoli che ogni donna veste nella sua esistenza… Da lì, il dualismo principale dell’universo femminile, l’ Essere Donna e l’ Essere Madre. “Essere Donna” nello specifico mi fa pensare a quella tendenza propria di tutte le donne di essere forti per natura e al tempo stesso alla costante ricerca di quel porto sicuro dove poter riposare, deporre le “armi” e nutrirsi d’amore. In non poche occasioni ho potuto notare che le rappresentanti del cosiddetto “sesso debole” a causa dei loro vissuti difficili hanno dovuto mostrare una forza e una determinazione tali che le hanno portate a superare limiti invalicabili ai più e spesso insormontabili per gli esponenti di quello che tradizionalmente è stato considerato il “sesso forte”. Il concetto di “Nascere Madre” invece può avere una duplice interpretazione. La prima si riferisce al momento vero e proprio del parto durante il quale, contestualmente alla nascita del figlio nasce anche una “Madre”. L’esatto momento in cui il bruco diviene farfalla. La seconda chiave di lettura, più sottile, si riferisce invece a quel senso di maternità insito in alcune donne che magari madri non sono nella vita reale ma che lo sono nell’anima. Sono quelle che mi piace definire le “nate mamme”, per istinto ancestrale. Il loro “Essere Madre” risiede nel dono dell’accoglienza, nel saper donare amore incondizionato e nutrimento per attitudine naturale.
Qual è la cosa più importante che hai imparato durante il tuo percorso alla ricerca di un figlio?
Quando sai di essere una di quelle donne “nate madri” e senti di essere al mondo per quell’unica ragione, per quell’atto, il più eroico che ogni essere umano possa compiere, generare un’altra vita e prendersene cura più di quanto ci si possa prendere cura di se stessi, non esiste altra cosa che abbia più valore per te. E quando il destino sembra burlarsi di te e di questo tuo essere genitore per vocazione si rischia di perdere il lume della ragione. Nella mia esperienza la ricerca di questo figlio mi ha portata ad esplorare mondi che non conoscevo, a vivere emozioni che non potevo immaginare. Al desiderio bruciante di maternità si opponeva quel frustrante senso di incompiuto, di vuoto, che non sapevo come colmare. Oggi che la mia storia ha un lieto fine, posso dire che la cosa più importante che ho imparato da tanto dolore è che l’ Amore è il motore della vita. Un Amore inteso come passione per la vita, desiderio di dare spazio ai sentimenti positivi, volontà di sostenere le persone care e di condividere con loro le gioie e i dolori di tutti i giorni. Ho capito che bisogna farsi guidare dall’Amore in ogni scelta importante, imparare a difenderlo quando necessario a dispetto delle convenzioni che culturalmente ci sono state imposte e farsi portatori di un messaggio d’Amore ogni giorno, nelle piccole cose. So che, in questi termini, potrebbe sembrare un discorso banale ma spero di riuscire a farvi comprendere meglio il senso di queste parole attraverso la lettura del mio libro/diario, se lo vorrete. Io in virtù di questo sentimento d’Amore ho davvero cambiato la mia vita sovvertendo la scala delle mie priorità e dando un valore nuovo alle cose.
Hai dedicato il tuo libro a tutte le donne che sono “madri nell’anima ma non nella vita reale”. Che consiglio daresti a chi sta attraversando “le stanze buie dell’infertilità”?
Purtroppo la società odierna è incentrata su modelli di perfezione che in un certo senso impongono l’esclusione e l’isolamento di ciò che è diverso, che è altro dal “normale”. Così anche l’infertilità, spesso in maniera ipocritamente silenziosa, viene relegata tra quei tabù, in quei mondi a sé, isolati. A farne le spese è ancora soprattutto la donna della coppia “infertile” che, bene che vada, nella sua accorata ricerca di soluzioni verrà additata come isterica e paranoica, perché tanto il più delle volte “è solo fissazione…” Così la prigione del silenzio, quelle “stanze buie” diventano l’unico rifugio in cui il dolore assordante del loro ventre vuoto può trovare riparo dai pregiudizi e dai luoghi comuni. A tutte quelle donne che, come me, hanno vissuto e vivono il dolore di una maternità negata dico di non restare al buio, ma di aprire le finestre di quelle stanze e urlare, di far sentire a chi vuol essere sordo quanta dignità e coraggio ci sia nel loro essere fortemente Donne. Nel mio caso la paura della morte, sopraggiunta a 31 anni assieme alla consapevolezza che neanche la nostra vita ci appartiene e ad una diagnosi di cancro, mi ha permesso di guardare oltre il mio dolore e mi ha portata a capire che quell’Amore che per natura era dentro me avrebbe potuto trovare espressione in mille diverse forme e colori, anche se non fossi riuscita a diventare mamma per davvero. Poi sono stata fortunata ed ho avuto anche quel dono dalla vita. Ma questo non ha cambiato il senso del messaggio che mi è arrivato da questa esperienza. Quello che oggi so è che quel grande istinto materno può essere trasformato in accoglienza, può essere rivolto alle persone care, a se stesse o ancora alle cose che ci capitano, per cercare di trovare qualcosa di buono in ogni cosa. E’ “l’ Amore Materno esteso” che può essere il motore di tutto.