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Oltre le storie: l’intervista ad Antonella Questa

Lo spazio di oggi della rubrica #oltrelestorie è dedicato ad Antonella Questa, attrice dello spettacolo teatrale “Stasera Ovulo” di Carlotta Clerici con regia di Virginia Martini, produzione LaQ-Prod. Premio Calandra 2009 come Migliore Spettacolo e ad Antonella Questa premio Migliore Interprete Calandra 2009.

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Ciao Antonella, “Stasera ovulo” racconta la storia di una donna over35 che non riesce ad avere un figlio e intraprende un percorso di procreazione assistita. Come nasce l’idea di portare in scena un tema così delicato come quello dell’infertilità femminile?

L’idea è venuta a Carlotta Clerici, autrice del testo e anche mia grande amica. Un giorno mi chiese di leggerlo per sapere che ne pensassi e l’impatto emotivo fu tale che decisi di portarlo subito in scena con la complicità della mia regista Virginia Martini. La storia è ispirata all’esperienza reale vissuta da Carlotta, io, benché abbia avuto un percorso diverso, mi sono sentita coinvolta lo stesso avendo vissuto due aborti spontanei. I meccanismi che scattano nell’ambiente intorno alla donna con difficoltà di restare incinta, sono sempre gli stessi: consigli, sguardi giudicanti, cure mediche di ogni tipo… Sembra ognuno voglia spingere al risultato la donna senza considerare il presente emotivo difficile e delicato che vive. E di cui smette di parlare per vergogna e per disagio.

Vestendo i panni della protagonista, interpreti con ironia un percorso in realtà molto difficile e doloroso nella vita di una donna. Qual è il messaggio chiave che lo spettacolo vuole comunicare?

Lo spettacolo contiene a mio avviso un suggerimento umano molto efficace per tutti: sospendere il giudizio! Per tutti intendo sia le persone vicine alla coppia sia la donna  e/o la coppia stessa. Invece di prodigarsi a consigliare, sdrammatizzare, spingere la donna o la coppia a cure mediche pesanti etc… provare a sospendere il giudizio e star accanto alle persone, ascoltare e basta. In fondo non è un dramma non diventare madri o diventarlo altrimenti. E io posso oggi affermarlo davvero con molta serenità, non avendo potuto avere figli.

La protagonista non rimarrà mai incinta ma scoprirà una maternità diversa con l’adozione di un figlio. Si può essere madri in tanti modi, cosa ti senti di consigliare a tutte le donne alla ricerca di un figlio?

E’ esattamente come scrivi: si può esser madri in tanti modi, aggiungerei che ognuna deve sentire dentro di sé come vorrebbe esserlo, se vuole esserlo. E poi il consiglio più ovvio: parlare. Parliamo tra di noi, chiediamo a chi ci sta accanto di non chiederci una performance. Avere un figlio non è una gara alla fine della quale vinci un premio. E’ l’arrivo di un percorso lungo, di un percorso di coppia, che se si è infertili non è una colpa. Spesso tra l’altro sono gli uomini a esserlo e non le donne, ma su di esse cade il peso del giudizio. A volte mi sono sentita dire da alcune donne a fine spettacolo: “mi sento meno sola”, dagli uomini invece: “non credevo fosse così”. Ho pensato quindi a quanto sia difficile comunicare persino a chi ci sta accanto cosa viviamo profondamente in termini di dolore e paura, quando la gravidanza non arriva. Allora insisto nel dire: accettiamoci, parliamone e non sentiamoci in colpa. Non c’è nessuna ragione di esserlo.

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