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Parole Fertili cresce ancora: le storie della community a teatro con “Quasi Genitori”

Roberta e Marco sono innamorati e felici e hanno un sogno in comune a molte altre coppie: avere un bambino. Uno, forse anche due. E perché no? Se arrivano, anche tre!
Solo che il tempo passa e non arriva nessun bambino. La coppia inizia a vacillare tra alti e bassi, crisi emotive, delusioni e nuove speranze, sotto il peso costante (e sempre più pressante) del giudizio degli altri: “strano, quattro anni e ancora non hanno avuto un bambino…”; “non vogliono sacrificarsi per un figlio, mica come ai tempi nostri…”; “vogliono far carriera tutti e due”; “forse lei è troppo interessata alla linea…”; “ho sentito dire in giro che ci sono un sacco di coppie che non possono avere figli a causa dello stress”… e così via.

È questo il cuore di “Quasi Genitori”, lo spettacolo teatrale a cura di MTM – Manifatture Teatrali Milanesi, nato dal progetto Parole Fertili e ispirato alle storie donate sulla community online www.parolefertili.it

La pièce, sostenuta tra le iniziative di CSR di IBSA Farmaceutici Italia sul tema dell’infertilità e della genitorialità, è andata in scena venerdì 29 novembre al Teatro Litta a Milano, con i volti degli attori Sabrina Marforio e Filippo Renda, la regia di Claudio Intropido e il testo di Valeria Cavalli.

Lo spettacolo si chiude con Roberta e Marco che decidono di ricorrere alla PMA, la procreazione medicalmente assistita, e ancora nessun bambino all’orizzonte. Cosa accadrà non si sa, ma è importante raccontare che – nella vita reale ancor di più che sul palcoscenico – il lieto fine non è mai scontato.

Lo insegnano le centinaia di storie donate da tanti aspiranti genitori a Parole Fertili, il progetto di storytelling digitale nato nel maggio del 2016 con il contributo incondizionato di IBSA e cresciuto significativamente nel tempo, diventando anche un libro edito da Mondadori Electa (“Parole Fertili – Viaggio alla ricerca di un figlio”) e una miniserie in tre episodi video.

Bisogna uscire dal web – ha spiegato Patrizia Puppi, Corporate Communication e CSR Manager di IBSA Italiaè qui che è nato Parole Fertili ma dobbiamo andare oltre, sul territorio, perché è fondamentale parlare della coppia anche in altri luoghi, aiutare gli specialisti, incontrare le persone, perché abbiamo bisogno di umanizzare questo percorso della PMA”. Per questo motivo, ha concluso Puppi – “non ci fermeremo al teatro, andremo avanti. Perché il desiderio di genitorialità è della donna, è dell’uomo, è della coppia, ma dobbiamo farlo diventare un desiderio collettivo, della società. Non è un problema degli altri, ma un problema nostro, di tutti, della comunità”.

Al talk show che ha seguito lo spettacolo, moderato da Barbara Rachetti, giornalista di Donna Moderna, è intervenuto per un saluto anche l’Amministratore Delegato di IBSA Italia, Luca Crippa, che ha ricordato i pilastri dell’azienda: innovazione e qualità, ma anche responsabilità e persone. Ed è per questo che progetti come Parole Fertili rappresentano bene l’impegno dell’azienda sul territorio.

Per Cristina Cenci, antropologa, Senior Partner di Eikon Strategic Consulting e ideatrice di Parole Fertili, è l’autenticità a caratterizzare questo percorso: “Rispetto a quanto accade nell’offline, nel racconto online si crea una intimità anonima che accoglie tutte le storie, senza giudizio. È questo quello che abbiamo voluto creare con Parole Fertili, un luogo digitale dove poter essere autentici, dove trovare confronto e sostegno, condivisione e comprensione”.

Luisa Musto, membro della community di Parole Fertili che ha poi fondato insieme a tre socie la onlus Strada per un Sogno, ha raccontato anche un altro aspetto del web, non sempre un luogo “sicuro” ma uno spazio in cui bisogna sapersi districare tra le tante fonti di informazione e sapersi difendere dalla disinformazione, soprattutto quando si parla di temi così delicati come quelli della PMA. 

Per Rossella Nappi, ginecologa, endocrinologa e sessuologa, Professore ordinario di Ostetricia e Ginecologia presso l’Università degli studi di Pavia, la storia di Roberta e Marco è una storia molto comune: “Io vedo questo stesso senso di colpa, di vergogna, di solitudine e di inadeguatezza nelle coppie con cui mi relaziono ogni giorno. In Italia, 78mila coppie all’anno si rivolgono a un centro di PMA: sono ‘solo’ quelle stramotivate. Gli altri si perdono per strada. Purtroppo il mito dell’eterna giovinezza e l’allungamento dei tempi sociali ci fa sentire sempre più invincibili, ma occorre fare un’operazione culturale e aiutare a diffondere sempre più il tema della fertilità come dono, come un bene finito. È importante desiderare un figlio quando si è pronti, ma è bene riconsiderare anche i tempi della fertilità”.

In chiusura dell’incontro, Alessandra Razzano, psicologa dell’Ospedale Sant’Anna di Torino, ha raccontato il ruolo del terapista per le coppie che affrontano la PMA: “Non è facile, bisogna far entrare una terza persona nella propria intimità, a volte – quando c’è un donatore – addirittura far spazio a una quarta persona. Quando la coppia arriva da noi è perché ciò che desiderava nell’intimità non si è avverato; quando ci si scontra con una diagnosi di infertilità, c’è una ferita identitaria per la coppia, è un dolore silente, è un lutto”.

La PMA è una risorsa ma non implica necessariamente il successo. E anche quando la genitorialità arriva, può essere molto complessa. Per questo è importante che la coppia abbia altre risorse, abbia “un paracadute come dice Marco nello spettacolo. La genitorialità non è l’unico progetto per la coppia – ha concluso Razzano – essa può e deve trovare altri progetti, altri equilibri. E in questa ricerca, la prima risorsa è la comunicazione”.

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