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“Se un figlio rientra nei progetti, bisogna pensarci 10 anni prima”, così si programma la genitorialità

«Per avere un bambino bisogna desiderarlo. E lasciar fare alla natura». Eppure qualcosa non va: perché quando è il momento giusto e si decide appunto di lasciar fare, almeno il 15 per cento delle coppie italiane deve affrontare un problema di infertilità, secondo l’Istituto Superiore di Sanità. Accolto con sorpresa, incredulità, smarrimento. E spesso con la necessità di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita (Pma): circa 14mila bambini italiani nascono così ogni anno nel nostro Paese. Ma questa strada non sempre può risolvere il problema: le possibilità di ottenere embrioni che possono dare il via a una gravidanza si riducono soprattutto dopo i 40 anni mentre le chance che siano cromosomicamente normali diminuiscono già dopo i 35 anni.

Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, l’infertilità “si manifesta con assenza di concepimento dopo 12/24 mesi di rapporti mirati non protetti”. Le cause sono varie, complesse – la principale è l’età media sempre più alta della donna (32 anni, da noi), ma anche la qualità del liquido seminale peggiora con il passare degli anni – e alcune neppure spiegabili. Ma, banalmente, c’è anche il dare la propria fertilità per scontata, e quindi non fare nulla né per accertarsi che tutto sia ok né per evitare di danneggiarla. «Alcol, fumo, non fare sport, essere sovrappeso o sottopeso, patologie legate anche alle abitudini alimentari (sindrome dell’ovaio policistico, endometriosi) sono comportamenti spesso involontari, ma che possono fare la differenza quando si cerca un bambino», spiega Filippo Maria Ubaldi, ginecologo, presidente della Società Italiana di Fertilità e Sterilità (SIFES) e direttore scientifico dei centri di medicina della riproduzione GeneraLife.

Per accendere i riflettori sull’importanza di proteggere la propria fertilità il 22 settembre c’è il Fertility Day. Obiettivo: sensibilizzare soprattutto i giovani. Perché se un figlio rientra nei progetti di vita, «bisogna pensarci almeno dieci anni prima, curando la propria salute per ridurre i fattori di rischio di infertilità. I giovani – anche i maschi – devono assolutamente saperlo».

Già, i maschi. «Donne sottopeso o sovrappeso hanno cicli irregolari e spesso anovulatori» spiega Silvia Colamaria ginecologa responsabile trattamento Pma del centro GeneraLife di Roma. «Ma anche nell’uomo l’obesità riduce i parametri seminali, triplicando il rischio d’infertilità rispetto a un normopeso. Vale anche per la sedentarietà: l’esercizio fisico induce la produzione di endorfine e serotonina che riducono lo stress. Inoltre, come le sostanze stupefacenti, fumo, alcol inficiano la qualità del liquido seminale lo stesso fanno l’inquinamento ambientale o l’esposizione a sostanze tossiche». Ci sono poi le infezioni sessualmente trasmissibili, soprattutto se cronicizzano perché non curate: «Gli uomini ne sono spesso portatori asintomatici», continua la dottoressa Colamaria. «Gonorrea e Clamidia possono causare disfunzioni tubariche e gravidanze extrauterine. Il messaggio è che da subito è possibile prevenire l’infertilità con corrette abitudini di vita». E se le ragazze iniziano regolari controlli dal ginecologo, così devono fare i ragazzi dall’andrologo.

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