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Aspettando l’alba

Il 2019 ha rappresentato un anno in cui imparare a convivere con il concetto di lutto e mi ha costretto ad intensificare la mia presenza apparente con la perdita che viveva dentro di me, psicologicamente e fisicamente. A gennaio, infatti, persi mio padre all’improvviso. Una malattia lunga e lenta che non aveva determinato quando avrebbe deciso di porre fine a quella battaglia avendo la meglio su mio padre. Ho vissuto e vivo ogni giorno nello sconforto, pensando che lui abbia deciso di deporre le armi perché ormai stanco, afflitto.
A novembre, il mese in cui è nato mio padre, il suo giorno, esattamente l’’11 novembre, mi reco in ospedale per una sospetta cistite, che di lì a qualche settimana avrebbe invece assunto le sembianze di una gravidanza a tutti gli effetti… una extrauterina, che si era manifestata in modo subdolo, non lasciandoci il tempo di metabolizzare quanto stesse accadendo.

Nel giro di due settimane io e il mio compagno abbiamo provato gioia e dolore allo stesso tempo, turbamento, tristezza. Mi sono domandata tante volte perché proprio a me, specie in un momento in cui già avevo perso una parte di me, con la morte di mio padre. Perché non potessi ritrovare il sorriso?

Il 5 dicembre finì tutto con una corsa in ospedale, un emoperitoneo che preannunciava l’asportazione della tuba destra, che se ne andò via con un intervento d’emergenza serale in laparoscopia portando con sé probabilmente due piccole creature che non sarebbero mai nate. Già, proprio così. Perché da un anno ero esposta, per via dei miei ormoni, alla possibilità ricorrente di avere un parto gemellare.
È finito così quel sogno bellissimo. La mia rinascita, ancora apparente e per me nella penombra aspetta di vedere una nuova alba…

Una risposta

  1. Ciao Anna Rita ( ti chiami così ? Scusami non capisco dalla storia!).Vorrei dirti tante cose per tirarti su il morale ma non sono forse la persona più adatta. Posso solo dirti che secondo me la vita non decide di farti bene o male nel momento giusto. Che a causa del mio lavoro ho visto così tante cose terribilmente dolorose che ormai ho smesso di pensare che la vita sia giusta. La vita ti da e ti toglie spesso nella stessa misura, nei casi peggiori in modo anche squilibrato. Eppure ti capisco perché anche io mi sono fatta per anni le tue stesse domande. Non sono riuscita a sentire ancora la risposta giusta . Nel senso che la risposta giusta so qual’ è ma non la sento ancora mia : la risposta giusta è che non riuscire a diventare madri per la prima volta , o a diventarlo per la seconda volta e poi perdere il bambino all’improvviso, oppure diventare madri godere del proprio bambino qualche anno finché un giorno una qualunque malattia o un incidente te lo portano via …ecco tutto questo non dipende mai e poi mai da noi. E comunque non ci sta nulla di giusto.E allora si dovrebbe continuare sempre a lottare per avere quel che si desidera finché si può, con speranza e col sorriso, pensando sempre però di non commettere il mio errore. Che a volte per raggiungere quel risultato magari mai raggiunto hai rovinato tutto quello che avevi intorno a te. Non hai più apprezzato quello che avevi per quanto pesava quello che non hai. Io ho sbagliato tanto in questo senso. Tante donne su questo blog sono arrivate all’adozione dopo innumerevoli fecondazioni omologhe ed eterologhe fallite. Le ammiro per questo. Io ne ho avuti almeno 4 di fallimenti ma ti risparmio i dettagli . Amare un figlio che non hai partorito e ‘ l’atto d’amore più grande che si possa fare. Ma io ad esempio non mi sono ancora rassegnata. Non ce la faccio. In bocca al lupo. Ti abbraccio a distanza di sicurezza

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