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La casa del silenzio

Moglie e basta. Non posso avere figli, ma ho alcune bambole molto belle. Lavoro per una grande azienda che mi dice che sono brava.

“Quanti figli vorresti?” chiedo all’uomo che diventerà mio marito.

“Due”, mi risponde lui.

Io sorrido. In testa ho quei film dove in una scena la coppia si sposa, e nella scena dopo hanno subito un figlio, e nella scena dopo, magari, un altro figlio ancora.

Ci trasferiamo in una casa grande, piena di stanze che una coppia senza figli non usa davvero. Ci sposiamo.

I mesi passano. Ogni mese vado in farmacia per acquistare un test di gravidanza. Scopro che comprando le confezioni da due si risparmia e inizio ad andarci ogni due mesi. Il farmacista inizia a guardarmi storto. Le due lineette le vedo sempre e solo nelle figure riportate sul foglietto.

Mio marito inizia a informarsi, e mi parla dei kit per rilevare l’ovulazione. Ma io ho già qualche dubbio.

Faccio alcuni esami. Un luminare della ginecologia mi dice che va tutto bene e devo solo prendere degli integratori. Ma qualcosa non mi convince e, referto degli stessi esami ed ecografie alla mano, mi reco da un’endocrinologa, che immediatamente mi dà la sua diagnosi: policistosi ovarica e tiroidite autoimmune, detta anche di Hashimoto. Probabilmente non ho mai ovulato in vita mia. Un valore, in particolare, indica resistenza ai farmaci che inducono l’ovulazione.

Parlo con mio marito di quello che si può fare. Della fecondazione assistita. Dell’adozione. Svisceriamo tutti i nostri dubbi e le nostre paure. E decidiamo che sono un po’ troppo grandi, per due insicuri cronici come noi.

(A questo punto è opportuno aggiungere che siamo una coppia internazionale, e purtroppo le statistiche sulla durata del matrimonio non sono mai state dalla nostra parte.)

Iniziamo a lavorare fino a tardi ogni sera. I nostri lavori ci piacciono, e li portiamo con noi ovunque andiamo. Viaggiamo tanto e sui nostri passaporti gli agenti doganali fanno fatica a trovare spazio. L’idea di avere figli si defila pian piano, con un greve, ma rispettoso silenzio, dalle nostre vite.

A chi i figli li ha, diamo tutto il nostro cuore. Ci assicuriamo che la nostra amica incinta sia comoda e non abbia troppo caldo o troppo freddo. Ci occupiamo subito delle richieste delle nostre colleghe incinte, affinché possano uscire dall’ufficio il prima possibile. Cuciniamo dolci semplici, ma squisiti, per i figli dei nostri amici. Pensiamo a chi verrà dopo di noi con queste ed altre piccole gentilezze.

Eppure. Eppure, quando siamo in casa da soli, il silenzio della nostra grande, sproporzionatamente grande casa ci opprime. Rispondiamo soffocandolo con la nostra musica preferita, musica classica per mio marito, musica dance per me, musica pop che mette d’accordo entrambi.

E da qualche parte delle nostre menti, immaginiamo che le percussioni siano i piccoli passi di qualcuno che non c’è e che, giunti a questo punto, non ci sarà mai.

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