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La mia avventura più bella

Come la maggior parte della coppie anche io e mio marito, dopo qualche anno di convivenza, desideravamo un figlio e così, dopo il matrimonio, abbiamo inziato a provare a realizzare il nostro sogno. I primi mesi la gravidanza, o meglio, la mancata gravidanza, non era per noi un peso insopportabile, anche la ricerca del figlio non era ancora diventata una nostra ossessione, ma poi, i mesi passavano e non c’era mai nessun ritardo.

Ci siamo confrontati e poi rivolti a degli specialisti, abbiamo fatto analisi, controlli, visite, code interminabili, abbiamo navigato su internet alla ricerca di risposte, abbiamo capito che la fecondazione assistita sarebbe stata la nostra nuova avventura.

Inizialmente non l’abbiamo presa bene, inutile negarlo, ci vergognavamo quasi a parlarne, poi abbiamo capito che non c’era niente di male, niente di vergognoso, avevamo un problema (uno dei tanti) e come tutti i problami andava affrontato e, magari, risolto.

Non è stato facile, mi sembrava di vedere ovunque donne incinte e neonati, carrozzine e tutine, probabilmente non era così, probabilmente camminando per strada è fisiologico incontrare una donna incinta o una donna con un neonato nella carrozzina, ma a me sembrava di vederle ovunque.

Dopo tutti i controlli abbiamo iniziato a “bucarci” in senso buono, era il momento degli ormoni, piccole punture sulla mia pancia che si preparava ad ospitare mio figlio.

L’avventura della maternità è così iniziata ancora prima di rimanere incinta, perchè prepararsi per la fecondazione assistita significa preparare il corpo a qualcosa che forse, e solo forse, accadrà.

E’ stato un percorso difficile ma, se mi guardo indietro oggi, non mi ricordo neanche il dolore o l’attesa,  se mi guardo indietro mi guardo con tenerezza, con il sorriso.

Non avrei mai pensato che sarebbe successo a me, forse è questo quello che ci frega, forse il fatto di non essere preparate all’eventualità, alla possibilità che avere un figlio non sia una cosa semplice o naturale è l’ostacolo ‘mentale’ è quello  più difficile da superare.

Un ostacolo che dobbiamo saltare, per noi, per i nostri figli, per aiutarli a non cadere nel pregiudizio e nella paura che, a volte, qualcosa può andare storto, può andare diversamente da quanto pianificato, per aiurali a comprendere e a capire che l’infertilità è una malattia e come tale va curata, non è un capriccio, è un desiderio che per prendere corpo ha bisogno di farmaci, fatica e qualche aiuto in più.

E poi, solo poi, arriverà la pancia, le nausee, il travaglio e quei leggerissimi tre chili sulle braccia che, se ti guardi indietro, ti fanno dimenticare tutto, anche la paura di non farcela.

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