Il momento del trasferimento dell’embrione nell’utero materno è uno degli aspetti nevralgici nel percorso di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). Scegliere il momento giusto, infatti, può fare la differenza, insieme alla qualità dell’embrione stesso, aumentando in modo significativo le probabilità di successo e quindi di diventare genitori. Ma come si fa a capire quando è il momento giusto? Ne parliamo con la dottoressa Nicoletta Maxia, biologa responsabile del Centro di Procreazione Medicalmente Assistita del Policlinico San Marco.
La formazione dell’embrione nel percorso di PMA
“Nelle procedure di PMA, la cosiddetta ricettività endometriale, ovvero la capacità dell’utero di accogliere adeguatamente l’embrione, è un aspetto fondamentale e determinante” conferma la dottoressa Maxia. Prima però di approfondire questo tema, facciamo un passo indietro per spiegare cosa è un embrione.
“L’embrione è il frutto della fecondazione di un ovocita, la cellula riproduttiva femminile, da parte di uno spermatozoo, la cellula riproduttiva maschile. Naturalmente questa fecondazione avviene all’interno dell’utero materno, in seguito a un rapporto sessuale. Nel caso invece della Procreazione Medicalmente Assistita, a cui la coppia può ricorrere in caso di problemi di infertilità e difficoltà di concepimento, la formazione dell’embrione può avvenire:
- all’interno dell’apparato genitale femminile, con le tecniche di primo livello (ad esempio, l’inseminazione intrauterina, chiamata IUI);
- in vitro e quindi all’esterno del corpo della donna, con le tecniche di secondo livello (come la FIVET, la ICSI etc.). In questo caso, una volta fecondato l’ovocita e formatosi l’embrione, lo step successivo è quello di trasferirlo nell’utero della donna”, continua la biologa. Ed è qui che entra in gioco la scelta della cosiddetta ‘finestra di impianto’, ovvero il momento migliore, per ogni singola donna, per trasferire l’embrione…