Per le donne che hanno ricevuto una diagnosi di infertilità e che stanno affrontando un percorso di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), è nato il progetto “Parole Fertili: la creatività come risorsa. Viaggio nel Paese delle maschere narranti”, un percorso di Drammaterapia Integrata Digitale rivolto a 30 donne che hanno intrapreso la PMA
Il progetto “Parole Fertili: la creatività come risorsa. Viaggio nel Paese delle maschere narranti” nasce dalla collaborazione tra CDI-NarrAzioni, il Centro di Drammaterapia Integrata creato da Sandra Pierpaoli, psicologa, psicoterapeuta e artiterapeuta, DNM, la startup che ha ideato PsyDit, una piattaforma per percorsi di supporto psicologico digitali innovativi e Rossella Nappi, docente dell’Università degli studi di Pavia, ginecologa, endocrinologa, sessuologa e direttore del Centro della Fertilità.
Secondo studi riportati dall’Istituto Superiore di Sanità*, quasi tutte le donne che affrontano un trattamento per l’infertilità mostrano, sia pure in misura diversa, sintomi di ansia, irritabilità, profonda tristezza, auto colpevolizzazione, calo di energie e di motivazione, tendenza all’isolamento e ipersensibilità. L’infertilità viene spesso descritta come l’esperienza di perdita di una intera dimensione di vita, condizione questa che comprensibilmente causa depressione. È importante, quindi, reagire alla sofferenza psichica.
Grazie al progetto “Parole Fertili: la creatività come risorsa”, le partecipanti potranno contare su un supporto psicologico utile a individuare le risorse interne di ogni persona e, nello stesso tempo, sul sostegno di un gruppo, che potrà fare da specchio e cassa di risonanza alle potenzialità che ogni partecipante sarà riuscita a riconoscere dentro di sé.
Guidate dal team psicologico in 3 diversi gruppi digitali, le partecipanti per circa 2 mesi confronteranno i propri vissuti e le proprie difficoltà utilizzando i linguaggi delle arti, del teatro e della narrazione.
Il Paese delle Maschere Narranti è una fiaba che ogni partecipante potrà creare a partire da una traccia e arricchire con il supporto del gruppo, attraverso la costruzione e l’uso di diverse maschere, che permetteranno di incontrare, riconoscere ed esprimere diverse parti di sé, sia quelle che vengono sollecitate durante un’esperienza di maternità difficile, sia quelle che possono intervenire a «curare» e a «trasformare» tale esperienza e che possono essere identificate e raccontate metaforicamente con la drammatizzazione e con il percorso narrativo. La “maschera” da un lato cela e dall’altro rivela e può essere, in tal senso, un’ottima metafora per stimolare sia l’auto-osservazione e l’introspezione, sia per modulare l’espressione di sé.
