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Oltre le storie: intervista a Nicole Vian e Anna Marzoli

Oggi per la rubrica #oltrelestorie incontriamo Nicole Vian e Anna Marzoli, autrici del libro “Do i numeri perché cerco te. Storie vere di procreazione assistita, infertilità, maternità e amore” edito da Armando Editore, che racconta storie vere di coppie che affrontano l’infertilità e che sognano un bambino.

copertina Vian-marzoli

Ciao Nicole e Anna, nel vostro libro parlate di difficoltà nel concepimento. Quali sono le criticità maggiori che le coppie si trovano ad affrontare quando desiderano un figlio che non arriva? 

Le coppie che desiderano un figlio che non arriva si ritrovano spesso sole. In Italia è un argomento che non si affronta, anzi. Dopo qualche anno di unione di coppia, tutti si sentono legittimati a chiedere quando arriverà un bebè. E questa è la domanda che più ferisce e che spesso spinge le coppie e frequentare sempre meno amici e parenti. E un altro aspetto importante non da sottovalutare è il rapporto e l’incontro con il centro di procreazione e il medico che seguirà la coppia. Il rapporto medico-pazienti è fondamentale in questo percorso, perché non tutti sono in grado,  né vogliono in realtà conoscere l’argomento pur dovendosi sottoporre a trattamenti, e la fiducia riposta in chi deve creare protocolli adatti e consigliare adeguatamente per le scelte da prendere sono elementi fondamentali. Spesso, purtroppo, come in molte altre situazioni in cui la medicina entra a far parte del quotidiano, le persone vengono trattate con poca umanità e tenute all’oscuro di molti passaggi. Questa è una delle criticità maggiori da affrontare. Le decisioni da prendere sono molteplici e ad ogni tentativo fallito, l’asticella si alza, i tentativi chiedono sempre più consapevolezza e avere qualcuno al proprio fianco di cui fidarsi, è fondamentale.

E c’è un ulteriore aspetto da non sottovalutare: il rapporto di coppia.

Durante il nostro percorso abbiamo conosciuto tante coppie provate dagli anni di tentativi in pma, molte non sono andate avanti, nel senso di coppia, e si sono separati. Probabilmente sarebbe accaduto lo stesso, ma è vero che il percorso è difficile da affrontare e solo un dialogo continuo, il mettere sul tavolo i dubbi, le paure, i propri pensieri, può rendere la coppia forte per andare avanti.

foto nicoleI numeri sono un elemento importante nel vostro libro. Perché una parte di coloro che affrontano il percorso della PMA “continua a dare i numeri”?

Il percorso di PMA è una strada in salita, che viene affrontata dalle coppie che hanno alle spalle mesi e, in alcuni casi anni, di tentativi falliti di ricerca di un figlio. Sono persone che si sono già lungamente misurate con il fallimento personale alla ricerca di una o più gravidanze naturali. Hanno già contato i giorni di ciclo, i giorni di ovulazione e persino i giorni del ciclo presunto. Hanno contato i numerosi test di gravidanza negativi. Arrivano alla PMA con un grado di sofferenza sopraelevato rispetto alla norma, e con un grado di attenzione verso il tempo che passa ( il conto dei giorni fertili, il conto dell’età della coppia, il conto delle coppie vicine che hanno già figli, il conto degli anni in cui hanno provato a procreare, il conto degli anni di unione della coppia stessa…) molto alto. Iniziano poi un viaggio verso il proprio figlio molto complesso e legato alla matematica e ai numeri in un modo che in pochi si immaginano e in ancor meno conoscono. Iniziano degli esami di screening della coppia prima di iniziare le cure vere e proprie, per attraversare dosaggi di ormoni e esami del sangue, arrivando ai numeri degli ovociti prodotti e che potranno o non potranno essere impiantati… Inizia poi il conto dei giorni per sapere se si è incinta o meno. Ma non solo. Se tutto è andato bene, ci sono le prime 12 settimane, che sono a rischio in ogni gravidanza, anche in quelle naturali. E poi nove mesi di felice, preoccupata, attesa. E’ un percorso in cui si danno i numeri in questo senso: si passano mesi e a volte anni, a contare, a matematizzare il proprio amore, a costruire l’attesa di un figlio, quel figlio atteso e immaginato, attraverso calcoli di giorni, di farmaci, di follicoli, di dosaggi ormonali, per arrivare all’amore vero: al parto e all’essere famiglia tanto desiderata.

Quali sono i cambiamenti principali che si vivono affrontando la PMA?foto anna

 La PMA è una sfida. Si sfida la scienza, si spera che ce la si faccia, si sfida anche il senso della coppia di dirsi ”basta”. Il corpo delle donne viene messo nelle mani dei medici. L’atto di procreare non è più solamente un atto privato, tenero, di coppia, ma diventa un atto sociale, dove l’amore per la ricerca del proprio figlio viene necessariamente condiviso con medici e infermieri, dove non si è più solo in due, ma si è in due più… Dove forse circola più speranza, più forza e più amore per questo figlio atteso da tanti, non solo dai due genitori, ma da tutta l’equipe che ha seguito la coppia nel percorso di PMA. Certo è che si diventa più consapevoli dei propri limiti, emotivi e fisici. A volte ci si sente soli, in una società che fatica ad ammettere che le coppie che si rivolgono a centri specialistici di infertilità sono in un numero crescente, eppure non se ne parla. Dal punto di vista pratico e organizzativo, si diventa capaci di far funzionare la propria vita lavorativa e sociale intorno agli impegni inderogabili della PMA: punture, visite, ecografie. Si diventa capaci di tacere davanti a domande che feriscono come quella di: “E voi, figli no?” e si trova una forza di coppia che non si sapeva di possedere.

Si diventa capaci di cadere, e di rialzarsi. Per ricominciare.

Si impara a fingere allora, che tutto va bene e che affrontare il vuoto procreativo non è un problema e non influenza la propria vita.

Allora ci sono coppie che fingono, e poi ci sono coppie, donne, che non sono disposte a cambiare in nome della PMA, perché comprendono che non riuscire a procreare non è un difetto “sociale”, ma un problema fisico di cui non ci si può vergognare. Alcune donne, e questa è anche la nostra scelta fatta prima del libro e poi con il libro, scelgono di condividere e di non cambiare, bensì di raccontare e come tutte le situazioni non di facile gestione, la PMA, o meglio l’infertilità, dona il filtro per poter comprendere meglio chi ha voglia di conoscere e di sapere di cosa si tratta.

La cosa più forte delle donne e delle coppie che affrontano questa esperienza è che diventano capaci di farsi gruppo, e di aiutarsi, di condividere ansie e gioie, proprio in nome di quell’amore condiviso verso quel figlio che arriverà, non solo da mamma e papà, ma da tutte le persone che lo hanno cercato, e aspettato fino a quel lontano momento. E “Do i numeri” ne è una piccola testimonianza.

Cosa consigliereste alle coppie alla ricerca di un figlio che non arriva?

Forse noi non siamo in grado di consigliare, siamo solo donne che hanno avuto la forza e il coraggio di raccontarsi e di raccogliere altre storie.

Vi lasciamo due scritti:

Un punto è l’embrione

un secolo di vita

che ascolta l’universo

la memoria del mondo

fin dalla creazione.

L’uomo che nascerà

è un’eco del Signore

e sente palpitare in sé

tutte le stelle.

  • Merini)

 

Pies para que los quiero, si tengo alas pà volar? (traduzione: perché voglio i piedi se ho ali per volare?)

       (F. Kahlo)

Sono le nostre (nostre inteso proprio come ciò che ci appartiene) frasi. Le abbiamo messe alla fine della nostra autobiografia, almeno, del frammento che vi abbiamo raccontato nel libro. Ve le doniamo anche qui, perché speriamo fino in fondo che vi possiate riconoscere in queste parole e che ve le ripeteste quando sembrerà tutto così difficile da comprendere… E per condividere con ognuna di voi la speranza di un arrivo felice, con le ali ai piedi.

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